Anche gli errori possono servire alla scienza
È possibile che un’importante scoperta farmaceutica possa avvenire per errore? Oggi è assai improbabile, sia per le tecnologie impiegate nei laboratori, sia per i controlli che la legge impone negli stadi di sviluppo di un nuovo farmaco, sia per l’interdisciplinarità che ormai caratterizza le attività di ricerca e sviluppo. Ma un tempo non era così e allora poteva succedere non soltanto che da una dimenticanza sortisse una scoperta fondamentale (la famosa muffa di Flemming, all’origine della penicillina), ma anche che un nuovo farmaco potesse venire da un banale errore.
È appunto il caso del paracetamolo, una sostanza oggi di diffuso impiego per la sua azione analgesica e antipiretica. Ma andiamo per ordine. Nel 1886 due medici, Cahn e Hepp, stavano cercando un rimedio contro i parassiti intestinali (i vermi) e, a tal fine, pensarono di sperimentare il naftalene, somministrandolo a un paziente affetto da svariate patologie, tra le quali anche i vermi intestinali. Verificarono così che il composto usato aveva inattese e pressoché miracolose proprietà febbrifughe, ma al contempo capirono che non era il naftalene che avevano somministrato, perché non aveva il caratteristico odore di naftlina. Insomma, per sbaglio avevano usato un’altra sostanza, ma quale?
Non fu facile scoprirlo, perché il flacone da cui avevano prelevato il composto aveva un’etichetta rovinata, al punto da essere illeggibile. chiesero allora aiuto a un cugino di Hepp, un chimico, che individuò trattarsi di acetanilide (il suo primo nome fu appunto “antifebbrina”). Una volta accertata la vera identità della sostanza che rivelava la straordinaria capacitò di abbassare la febbre, i due medici pubblicarono la scoperta, che però si rivelò di difficile applicazione, dato che l’acetanilide presentava problemi di tossicità.
Il direttore della ricerca di un’importante industria chimica, conosciuta la ricerca pubblicata da Hepp, pensò di aver trovato il modo per liberarsi del grande quantitativo di para-amminofenolo ammassato nei suoi magazzini, ottenuto come sotto prodotto di un processo industriale. Avendo questa ingombrante sostanza una struttura chimica molto simile all’acetanilide, provò a sintetizzarla con la speranza di ricavarne un prodotto dalle caratteristiche antipiretiche. Ottenne così la fenacetina, un potente analgesico e antipiretico, ma anch’esso dai pericolosi effetti collaterali.
Solamente molti anni dopo si scoprì che l’attività benefica sia di acetanilide, sia di fenacetina derivavano dal fatto che, una volta assunte, queste molecole si trasformano in paracetamolo, che è il metabolita attivo di entrambe le sostanze. È proprio questa la sostanza farmacologicamente attiva con effetti analgesici e antipiretici, più facile da sintetizzare e che non presenta, alle dosi terapeutiche consigliate, le stesse controindicazioni della acetanilide e della fenacetina.
L’attività del paracetamolo
L’uso clinico del paracetamolo risale al 1949 e ha ormai soppiantato l’impiego sia dell’acetanilide sia della fenacetina come antipiretico e analgesico, proprio perché non presenta, alle dosi terapeutiche consigliate, le stesse controindicazioni. Il suo effetto si verifica dopo circa 30 minuti dall’assunzione e ha una durata di 4-6 ore. Rispetto all’acido acetilsalicilico, altra sostanza con proprietà analgesiche e antipiretiche non presenta, invece, attività antinfiammatoria.
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