Chimbe… la nostra storia
Chimbe racconti d’impresa è una rivista unica, tutta da leggere. Ti propongo il racconto che è stato scritto per noi, “Vecchie ruggini e nuove terapie”.
Buona lettura
Il maresciallo Patané Vincenzo, fresco di nomina a Villacidro, rivoltava la lettera anonima fronte retro, cercando una terza dimensione. Il foglio era un a-quattro, i caratteri ritagliati da un rotocalco popolare. Stava dentro una busta senza francobollo, recapitata a mano. Destinatario:
“Ai Carabinieri”.
SI AVISANO
I SIGNORI CARABINIERI CHE
LA FARMACIA FANNI CONDUCCE
ATTIVITA’ ILLECITE PREGASI
CONTROLLARE LA GENTE CHE
RITORNANO DALLA FARMACIA
CHE ANNO COMPORTAMENTI STRANI PERCHE’ CI SONO TRAFICI DELLE
SOSTANZE STUPEFACENTI.
IO VI O AVISATTI,
SE SUCEDONO COSE GRAVI
IO NON SONO RESPONSABILE
MI RACOMANDO.
atané s’accarezzò la nuca in fiamme. Aveva trascorso un’altra notte insonne sul divanetto, cercando un programma di cultura che lo schiantasse dal sonno. Non dormiva otto ore di fila dal duemila e quattro, in pratica da quando la moglie aveva fatto i bagagli e sbattuto la porta dietro di sé.
«Quella arriva a ogni nuovo maresciallo» disse il brigadiere Tegas che sedeva di fronte alla scrivania con la destra accavallata sulla sinistra e giocherellava con un elastico.
«Che significa?» replicò il maresciallo.
«Qualcuno ce l’ha con la Farmacia Fanni. Vecchie ruggini».
«Avete verificato?».
«Beghe di paese, marescia’!» rispose Tegas con quel sorriso malizioso che risvegliava nel superiore un forte desiderio di schiaffi.
«Non l’autore della lettera, la farmacia» rispose Patané con la calma di una pentola a pressione.
«Traffici? Ma quando mai» ribattè Tegas, certissimo. «Fanni è una farmacia storica. Ha più di un secolo. L’ha aperta un certo dottor Mancosu, nel 1905. Vent’anni dopo l’ha rilevata Nino Fanni, personalità molto nota in paese, un uomo di cultura. Adesso la gestiscono le eredi, Cristina e Barbara. Persone al di sopra di ogni sospetto».
Nel luogo in cui era nato Patanè, la frase “persone al di sopra di ogni sospetto” significava l’opposto di ciò che intendeva Tegas e il resto dell’universo mondo. E siccome era uno che spaccava il capello in quattro e poi in otto, e poi di otto ne faceva sedici, e la parola “desistere” nel suo vocabolario era voce mancante, l’indomani approfittò per far scorta di valium e si recò in farmacia, in borghese.
Dopo dieci minuti di coda a osservare le tre farmaciste, impeccabili, iniziò a sospettare che fosse tutto troppo perfetto, perché il primo requisito di un’attività illecita è: non destare sospetti.
Mentre era il suo turno alla cassa, un ragazzo sulla ventina, magro e butterato, si rivolse a una delle farmaciste con queste parole: «E poi, per quell’altra cosa?». E la donna rispose: «Stasera, verso la chiusura». Il maresciallo, ipervigile, colse la sfumatura e dentro di sé esclamò «Tombola».
Quella sera, smontato dal servizio, Patané s’appostò in auto a dieci metri dalla farmacia, e osservò l’andirivieni. A una cert’ora la serranda calò a mezza corsa, e un minuto dopo il ragazzo smilzo della mattina entrò nel locale. Il maresciallo scese dall’auto e s’avvicinò, sperando di carpire un dialogo, uno scambio, senza successo. Si accese una sigaretta e dieci minuti dopo il ragazzo uscì, passandogli accanto. Nella mano destra teneva un post-it giallo ripiegato in due. Il maresciallo lo seguì a debita distanza, finché il sospettato giunse nei pressi di una libreria, intercettò il proprietario che stava per chiudere, gli consegnò il foglietto e l’uomo lo guidò all’interno. Patané s’accostò alla vetrina, fingendo di osservare le copertine. Vide il libraio sparire sul retro, tornare alla cassa con un volume, infilarlo in un sacchetto e consegnarlo al ragazzo in cambio di denaro.
Le lettere anonime vanno sempre verificate, caro brigadiere-dei-miei-stivali Tegas.
La scena si ripeté il giorno seguente. Stessa ora, stessa libreria, diverso cliente e colore di post-it. Quella notte, sul divanetto del soggiorno, Patané prese a smontare e rimontare il meccanismo che regolava il traffico. La farmacia è il punto di smistamento. I tossici entrano senza destare sospetti. Le farmaciste rilasciano un foglietto colorato. Ogni colore è associato a una sostanza diversa. Il vero deposito è la libreria, e il proprietario è il pusher. Il pagamento è camuffato dalla vendita. La roba viene distribuita in buste sottili infilate tra le pagine dei libri. Semplice, perfetto, pulito, geniale. Adesso occorrono le prove.
Terza sera e terzo pedinamento, e stavolta Patané fermò il cliente all’uscita dalla libreria. Una donna sulla trentina, capelli a coda, niente trucco, occhiaie profonde. Il maresciallo mostrò il tesserino e con tono deciso sussurrò:
«Carabinieri. Posso vedere il contenuto della busta?».
La donna obbedì senza discutere. Patané estrasse il volume e guardò la copertina. Gli Umani, di Matt Haig. Si assicurò che nella busta non fosse contenuto altro, poi fece scorrere le pagine del libro, senza esito.
«A posto, grazie. Può andare».
Quella notte Patané la trascorse a ristrutturare le ipotesi, senza venirne a capo. Si prospettavano due strade: risalire all’anonimo informatore o sondare le farmaciste. A decidere per lui fu una seconda lettera anonima che l’indomani comparve sulla sua scrivania.
MARESCIALLO
NON SI DEVE FARE INCANTARE
CI SONO IN BALLO COSE GROSSE
LEI DEVE INTEROGARE LE
DUE FARMACISTE PERCHE’
NE SANNO UNA PIU’ DEL DIAVOLO.
IO LO AVISATTO.
Patané raccolse le lettere anonime e caricò il brigadiere in auto. Durante il tragitto Tegas tentò di dissuaderlo: sospettare delle irreprensibili cugine era troppo rischioso per la reputazione dell’arma, delle farmaciste e la sua, che – da indigeno – avrebbe subito il biasimo per non aver chiarito a s’istranzu il quadro della situazione. Il problema era che Patané era un rullo compressore, e la sua irritabilità lo rendeva refrattario al dialogo.
In farmacia si qualificò, chiese di parlare con le titolari e i due furono introdotti nell’ufficio al primo piano. La strategia era il bluff.
«A cosa dobbiamo la visita?» domandò Barbara, invitandoli ad accomodarsi di fronte alla scrivania che divideva con la cugina.
«La farmacia» esordì il maresciallo, serissimo, «da mesi è stata posta sotto sorveglianza».
«Sorveglianza? Per quale motivo?» replicò Barbara, allarmata.
«Per via delle attività che si svolgono oltre l’orario di chiusura» rispose Patané. A seguire, strategica pausa di silenzio e analisi oculare.
«Cioè?» domandò Barbara, aggrottando le sopracciglia.
Al brigadiere Tegas cominciava a scottare la sedia sotto le natiche, ma aveva ricevuto l’ordine di non proferir parola, se non interrogato.
«Stiamo parlando dei fogliettini colorati» disse il maresciallo, teso a percepire sul viso delle interlocutrici un segno rivelatore.
«Quali fogliettini?» domandò Barbara a Cristina, che fece spallucce.
«Quelli che consegnate ai clienti a fine giornata. Sappiamo dei vostri rapporti con il proprietario della libreria».
«Sta parlando delle prescrizioni letterarie?» domandò Cristina.
Patané annuì con la faccia da poker, mentre il cervello era intento a cercare i termini “prescrizioni letterarie” nel database, senza esito.
«Abbiamo infranto la legge?» domandò Cristina con una certa preoccupazione.
«Ce lo dica lei».
«Posso spiegarle di che si tratta».
«Siamo qui per questo».
«Lei sa cos’è la biblioterapia?».
«Faccia finta che non lo sappia».
«Oltre a dispensare farmaci, noi svolgiamo anche un ruolo di consulenza. Ci informiamo sullo stato di salute dei clienti, sul loro stile di vita. Non sempre un farmaco risolve il problema. A volte ci serviamo di rimedi naturali come le erbe, in altri casi invece ci accorgiamo che il disturbo ha un carattere più spirituale che fisico. E questo è il motivo per cui invitiamo i nostri clienti a tornare a fine giornata per una chiacchierata e la prescrizione di un libro».
«Un libro?» domandò Tegas.
«Romanzi. La letteratura ha un effetto terapeutico, liberatorio. Spesso riesce a risolvere un problema fisico nato da una causa psicologica. Le faccio un esempio: a volte il paziente si sente solo in balia del suo problema. Leggendo di un personaggio che soffre dello stesso disturbo pone il problema in prospettiva e allevia la sua sofferenza, al punto che alcuni sintomi scompaiono. Questo è solo uno degli effetti della lettura».
«Per cui avete stabilito un accordo con la libreria».
«Noi consideriamo la libreria come un’estensione della farmacia. A volte ci capita di organizzare presentazioni di libri, nella stanza a fianco». Cristina porse al maresciallo un volantino pubblicitario.
Libri che curano. Nessun colpevole avrebbe inventato una storia così cretina, perciò la farmacista doveva essere in buona fede.
«E la cliente di ieri? Che c’entrava col romanzo Gli Umani?».
«Mi dispiace, a questo non posso rispondere» rispose Cristina. «È una questione di privacy. Però posso dirle che quel romanzo ha aiutato alcune donne che soffrono di disturbi psicologici provocati dal parto».
«Fattostà che a noi sono arrivate queste» disse Patané estraendo le lettere anonime e posandole sulla scrivania. Barbara lesse la prima e scoppiò in una risata fragorosa. «Conosciamo la faccenda» rispose. «Venga alla finestra. Ecco, si metta in questa posizione, scosti la tenda e guardi a destra di quell’albero. La vede?».
«Quella signora anziana col binocolo?».
«Esatto. Le presento la nostra Signora in Giallo. È da anni che sorveglia il quartiere. Ha giurato di sventare i nostri traffici».
Patané fissò lontano, rimuginò, sorrise a mezza bocca e si sentì un tantino sciocco. «Capisco».
«Cose di paese, marescia’» chiosò fastidiosamente Tegas, compiaciuto. «Gliel’avevo detto».
«Chiedo scusa per l’interrogatorio» disse Patané con un tono più rilassato. «Abbiamo il dovere di verificare ogni segnalazione».
«A ognuno il suo mestiere».
Il maresciallo tornò a guardare fuori. «Posso chiedervi un foglio di carta e un pennarello?». Patané sedette alla scrivania, scrisse a grandi lettere, tornò alla finestra, scostò la tenda e mostrò il foglio. La signora notò il movimento e puntò il binocolo verso la farmacia.
GRAZIE PER LA SEGNALAZIONE.
BEL LAVORO.
ADESSO CE NE OCCUPIAMO NOI.
I CARABINIERI
La signora posò il binocolo e sollevò il braccio in gesto di saluto.
«Mi scuso per il disagio» disse Patané congedandosi dalle farmaciste. «Tornino pure alle loro occupazioni».
«Sempre a disposizione».
Arrivati all’auto il maresciallo esitò un istante, ordinò al brigadiere di rientrare in caserma da solo e tornò dalle Fanni.
«Ero curioso di sapere che percentuale di successo ha questa cura con la bibbio… bilbo…».
«Biblioterapia» rispose Cristina. «Dipende dall’impegno del paziente».
«Funziona anche se il paziente non legge da vent’anni?».
«Anche in quel caso».
«Glielo chiedo perché… mia moglie soffre di insonnia» disse accarezzando la nuca indolenzita. «Le ha tentate tutte, ha provato anche le erbe: niente da fare. Dorme poco e ogni giorno si sente sempre più tesa e irritabile».
Cristina prese un post-it arancione e vi annotò qualcosa. «Poi mi dirà se funziona».
Il maresciallo lesse a voce alta. «Fernando Pessoa. Il libro dell’inquietudine». E nel congedarsi aggiunse, con un mezzo sorriso: «Se funziona, sono certo che a mia moglie tornerà la voglia di leggere».
«Ah» aggiunse Cristina, sorridendo, «dica a sua moglie che dormire nel letto anziché sul divano fa miracoli per la cervicale».
Quella notte Patané disfò il letto intonso, mise un secondo cuscino sotto la testa, accarezzò la copertina e affrontò il primo capitolo con uno slancio intellettuale che non credeva di possedere. Alla terza riga ebbe i primi dubbi linguistici, alla decima lesse la stessa frase due volte senza afferrarne il senso e a fine pagina gli si incrociarono gli occhi.
Il giorno seguente la sveglia riuscì a malapena a tirarlo giù dal letto.
di Giuseppe Pili, per Farmacia Fanni
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